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Minestre
Una volta si diceva che la minestra era la biada dell’uomo; oggi i medici consigliano di mangiarne poca per non dilatare troppo lo stomaco e per lasciare la prevalenza al nutrimento carneo, il quale rinforza la fibra, mentre i farinacei, di cui le minestre ordinariamente si compongono, risolvendosi in tessuto adiposo, la rilassano. A questa teoria non contraddico: ma se mi fosse permessa un’osservazione, direi: Poca minestra a chi non trovandosi nella pienezza delle sue forze, né in perfetta salute, ha bisogno di un trattamento speciale; poca minestra a coloro che avendo tendenza alla pinguedine ne vogliono rattener lo sviluppo; poca minestra, e leggiera, ne’ pranzi di parata se i commensali devono far onore alle varie pietanze che le vengono appresso; ma all’infuori di questi casi una buona e generosa minestra per chi ha uno scarso desinare sarà sempre la benvenuta, e però fatele festa. Penetrato da questa ragione mi farò un dovere d’indicare tutte quelle minestre che via via l’esperienza mi verrà suggerendo.
I piselli del n. 427 possono dar sapore e grazia, come tutti sanno, alle minestre in brodo di riso, pastine e malfattini; ma si prestano ancora meglio per improvvisare, se manca il brodo, il risotto del n. 75.
Minestre in Brodo
Minestre asciutte di magro
Uova
Le uova, dopo la carne, tengono il primo posto fra le sostanze nutritive. L’illustre fisiologo Maurizio Schiff, quando teneva cattedra a Firenze, dimostrava che la chiara è più nutriente del torlo, il quale è composto di sostanze grasse e che le uova crude o pochissimo cotte sono meno facili a digerirsi delle altre, perché lo stomaco deve fare due operazioni invece di una: la prima di coagularle, la seconda di elaborarle per disporle all’assimilazione. Meglio è dunque attenersi alla via di mezzo, e cioè: né poco, né troppo cotte. La primavera è la stagione in cui le uova sono di più grato sapore. Le uova fresche si danno a bere alle puerpere e il popolo giudica sia cibo conveniente anche agli sposi novelli. Ci fu una volta il figlio di un locandiere da me conosciuto, un giovinastro grande, grosso e minchione, il quale essendosi sciupata la salute nel vizio, ricorse al medico che gli ordinò due uova fresche a bere ogni mattina. Datosi il caso favorevole e sfavorevole, insieme, che nella locanda v’era un grande pollaio, ivi si recava e beveva le uova appena uscite dalla gallina; ma, come accade, il tempo dando consiglio, dopo qualche giorno di questa cura il baccellone cominciò a ragionare: «Se due uova fanno bene, quattro faranno meglio» e giù quattro uova. Poi: «Se quattro fanno bene, sei faranno meglio che mai» e giù sei uova per mattina; e con questo crescendo arrivò fino al numero di dodici o quattordici al giorno; ma finalmente gli fecero fogo, e un forte gastricismo lo tenne in letto non so quanto tempo a covar le uova bevute.
Umidi
Gli umidi, generalmente, sono i piatti che più appetiscono; quindi è bene darsi per essi una cura speciale, onde riescano delicati, di buon gusto e di facile digestione. Sono in mala voce di esser nocivi alla salute; ma io non lo credo. Questa cattiva opinione deriva più che altro da non saperli ben fare; non si pensa, cioè, a digrassarli, si è troppo generosi cogli aromi e coi soffritti e, ciò che è il peggio, se ne abusa. Nelle grandi cucine, ove il sugo di carne non manca mai, molti umidi si possono tirare con questo insieme col burro; e allora riescono semplici e leggieri; ma quando il sugo manca, ed è necessario ricorrere ai soffritti, bisogna usarli con parsimonia e farli con esattezza tanto nella quantità, che nel grado di cottura.
Erbaggi e legumi
Gli umidi, generalmente, sono i piatti che più appetiscono; quindi è bene darsi per essi una cura speciale, onde riescano delicati, di buon gusto e di facile digestione. Sono in mala voce di esser nocivi alla salute; ma io non lo credo. Questa cattiva opinione deriva più che altro da non saperli ben fare; non si pensa, cioè, a digrassarli, si è troppo generosi cogli aromi e coi soffritti e, ciò che è il peggio, se ne abusa. Nelle grandi cucine, ove il sugo di carne non manca mai, molti umidi si possono tirare con questo insieme col burro; e allora riescono semplici e leggieri; ma quando il sugo manca, ed è necessario ricorrere ai soffritti, bisogna usarli con parsimonia e farli con esattezza tanto nella quantità, che nel grado di cottura.
Pasticceria
Gelati
Leggevasi in un giornale italiano che l’arte del gelare appartiene eminentemente all’Italia, che l’origine dei gelati è antica e che i primi gelati a Parigi furono serviti a Caterina dei Medici nel 1533. Aggiungeva che il segreto restò al Louvre poiché i pasticcieri, cucinieri e ghiacciatori fiorentini della reggia, non diedero ad alcuno conoscenza della loro arte, di modo che i parigini attesero più di un secolo ancora per gustare il gelato. Per quante ricerche io abbia fatto onde appurare tali notizie, non mi è riuscito di venirne a capo. Ciò che vi è di positivo su tale argomento è questo, e cioè: che l’uso delle bibite ghiacciate, con l’aiuto della neve e del ghiaccio in conserva, è di origine orientale e rimonta alla più remota antichità e che la moda dei gelati fu introdotta in Francia verso il 1660 da un tal Procopio Coltelli palermitano, il quale apri sotto il suo nome – Café Procope – una bottega a Parigi di faccia al teatro della Comédie française ed era quello il luogo di ritrovo di tutti i begli ingegni parigini. La rapida fortuna di questo caffè, ove ai gelati si cominciò a dar la forma di un uovo e di un ovaiuolo al bicchiere che li conteneva, spinse i venditori di limonate e bibite diverse a imitare il suo esempio, e fra essi va ricordato il Tortoni che colla voga dei suoi deliziosi gelati riuscì ad avviare un caffè di fama europea e ad arricchire. Secondo Ateneo e Seneca attestano, gli antichi costruivano le ghiacciaie per conservare la neve e il ghiaccio, nel modo all’incirca che usiamo noi, cioè: scavando profondamente il terreno e coprendo la neve e il ghiaccio, dopo averli ben pigiati, con rami di quercia e di paglia; ma non conoscevano ancora la virtù del sale che congiunto al ghiaccio rinforza meravigliosamente la sua azione per ridurre in sorbetti ogni qualità di liquori. Sarete quasi sicuri di dar nel gusto a tutti i vostri commensali se alla fine di un pranzo offrite loro dei sorbetti, oppure un pezzo gelato, specialmente nella stagione estiva. Il gelato, oltre ad appagare il gusto, avendo la proprietà di richiamare il calore allo stomaco, aiuta la digestione. Ora poi che, essendo venute in uso le sorbettiere americane a triplice movimento senza bisogno di spatola, si può gelare con meno impazzamento di prima e con maggiore sollecitudine, sarebbe peccato il non ricorrere spesso al voluttuoso piacere di questa grata bevanda. Per risparmio di spesa si può recuperare il sale, facendo evaporare al fuoco l’acqua uscita dalla congelazione.